Da circa due anni ormai l’intera popolazione mondiale si trova faccia a faccia con un nemico inaspettato, agguerrito e subdolo, il “Coronavirus 2 da sindrome respiratoria acuta grave”, più tristemente noto come “Covid-19”. Dopo una prima fase caratterizzata da chiusure più o meno estese e/o rigide a livello mondiale, una certa inversione di tendenza si è registrata a partire dal Dicembre dell’anno scorso, con l’immissione in commercio di alcuni vaccini, che hanno superato il percorso obbligato delle direttive internazionali in materia. Per mezzo di essi e grazie anche alle ormai note e ben radicate pratiche di salvaguardia e prevenzione tanto individuali quanto collettive la situazione sembra – seppur lentamente – apprestarsi a una svolta: per salvaguardare e rafforzare quest’andamento, nonché permettere un progressivo ritorno alle attività quotidiane, da quest’Estate il nostro Paese, in sinergia con gli altri membri dell’Unione Europea (e non solo), si è munito di un particolare tipo di certificato, comunemente noto come “Green Pass”.
Il Certificato Verde dell’Unione Europea
Il nome ufficiale di questo pass è in realtà “Certificato COVID digitale dell’Unione Europea” e non è altro che una prova digitale che testimonia il soddisfacimento di almeno una delle tre seguenti condizioni: la persona 1) è vaccinata contro la patologia COVID-19; B) ha ottenuto un risultato negativo ai test; C) è guarita dalla patologia.
Il certificato si presente sia in forma digitale che cartacea, dispone di un codice QR scansionabile, è gratuito, è scritto sia nella lingua nazionale che in inglese, risulta sicuro, protetto e valido non solo in tutti i paesi UE, ma anche in altri che hanno sancito un accordo da questo punto di vista con l’Unione Europea, per esempio il Marocco.
Il rilascio del certificato è onere delle autorità nazionali; il codice QR in esso presente contiene le informazioni essenziali e una firma digitale a garanzia dell’autenticità; gli Stati partecipanti hanno concordato un modello comune utilizzabile sia per la versione elettronica che cartacea al fine di facilitarne il riconoscimento.
In caso di viaggio e/o spostamenti all’interno dell’area europea (con la vistosa eccezione della Gran Bretagna causa BREXIT e di qualche altro paese), chi è in possesso del certificato viene – di norma – esonerato dalle restrizioni alla libera circolazione e non subisce ulteriori limitazioni, salvo necessità di tutela della salute pubblica; in casi di questo tipo, per esempio in risposta a nuove varianti del virus, lo Stato che le applica è tenuto a informare la Commissione e tutti gli altri Stati membri, dando valida giustificazione a questa decisione.
Tutti vaccini che hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio nell’UE sono validi per il rilascio del Pass. Gli Stati membri hanno poi facoltà di estendere questa possibilità anche a chi ha ricevuto un altro vaccino. Quattordici giorni dopo l’ultima dose le persone completamente vaccinate in possesso del certificato vengono – in condizioni standard – esentate dai test o dalla quarantena relativi ai viaggi; lo stesso trattamento è previsto per chi è guarito e ha tale certificazione. Per quanto riguarda i “test rapidi”, invece, coloro che hanno riscontrato un esito negativo a quegli esami riportati nel modello del certificato COVID digitale dell’UE vengono di norma esentati da eventuali prescrizioni di quarantena, salvo provenienza da zone gravemente colpite dal virus. Gli Stati membri hanno concordato un periodo di validità standard per i test: 72 ore per i test PCR e, se accettati dallo Stato membro, 48 ore per i test antigenici rapidi.
Infine, sul versante privacy, si registra come il certificato contenga informazioni di primo piano quali nome, data di nascita, data di rilascio, informazioni pertinenti su vaccino/test/guarigione e identificativo unico; tali informazioni, però, restano sul certificato e non sono memorizzate o conservate quando quest’ultimo viene verificato in un altro Stato membro; vengono controllate solo la validità e l’autenticità del certificato, con l’accertamento di chi l’ha rilasciato e firmato. Tutti i dati sanitari sono conservati unicamente nello Stato membro che ha rilasciato il Pass.
Le scelte del governo italiano
Al di là delle normative comunitarie sopra illustrate, i singoli Paesi hanno facoltà di gestire in autonomia il raggio d’azione del Green Pass. L’Italia dapprima ne ha introdotto l’obbligo per accedere o svolgere diverse attività (dai ristoranti al chiuso alle palestre passando per i convegni ecc.), poi lo ha reso necessario per tutti i lavoratori sia pubblici che privati (a partire dal 15 Ottobre 2021); per quanto concerne quest’aspetto il compito di controllo spetta ai datori di lavoro. Le domande fioccano e recentemente un articolo de “Il Sole 24 ore” cerca di fare chiarezza in tal senso. Avere a disposizione degli strumenti efficaci, ma anche semplici da utilizzare per svolgere quest’incombenza sarebbe quindi quanto mai fruttuoso. Sul mercato sono presenti diverse soluzioni; di seguito ve ne illustriamo una assai efficiente.
Un modo semplice e proficuo per il controllo col Green Pass
Considerata l’onnipresenza degli smartphones, una via maestra nel controllo del Green Pass sarebbe proprio quella di utilizzare tali devices. La ditta Valeprog ha sviluppato un’applicazione che adesso permette anche di effettuare un controllo di questo tipo, come si può vedere chiaramente seguendo questo link: https://valeprog.it/blog/controllo-accessi-con-greenpass/.
Diventa quindi facilmente possibile sfruttare il Green Pass per registrare le presenze, in sostituzione dei più classici badges o dei codici QR: basta inserire la data di nascita dei detentori del certificato dentro il database online della ditta Valeprog; così facendo, si può controllare la validità del Pass Verde e, in caso di esito positivo, la data di nascita viene impiegata per identificare la persona e registrarne ingresso o uscita.
Il Certificato può pure essere impiegato anche per registrare gli accessi dei visitatori, non inseriti nel database. Attivando un’apposita opzione presente nello stesso database cloud della su citata ditta, è possibile fare in modo che alla lettura di un Green Pass venga registrato l’accesso come visitatore della persona e vengano memorizzati nome e cognome presenti sul passaporto vaccinale.
La software house ha poi messo a punto anche un dispositivo stand-alone con lettore di codici QR integrato e la possibilità di azionare l’apertura di una porta o tornello grazie al relè installato all’interno, sempre tramite lettura del Certificato Verde.
È importante chiarire un aspetto: nessun dato sensibile risulta memorizzato all’interno dell’applicazione; viene semplicemente controllata la validità del Green Pass e, se tale test ha esito positivo, si rileva l’ingresso, nel caso della funzione di timbratura, o l’accesso con nome e cognome, se si fa riferimento al registro dei visitatori.
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